Sport e donne: così l’Unione Europea monitora la parità di genere

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«Il calcio non è uno sport per signorine» è la frase coniata nel 1909 da Guido Ara, calciatore e allenatore, oggi neppure sussurrata per evitare episodi di sessismo. Pur tuttavia, gli episodi di sessismo non sono scomparsi nello sport da quando le donne ricoprono ruoli tradizionalmente assegnati agli uomini. Così per tutelare l’inclusione nello sport delle donne, l’Unione Europea si muove per la parità di genere.

L’UE scende in campo contro le discriminazioni

È il 6 ottobre 2023, è sera e si sta per disputare la partita di seria A, Lecce- Sassuolo. Come di consueto, la terna arbitrale prima di entrare in campo stringe le mani ai capitani delle due squadre. L’arbitro Juan Luca Sacchi, fronte telecamera, incrociando la sua assistente Francesca Di Monte, guardalinee internazionale della sezione di Chieti, ritira subito la mano tesa in segno di saluto. Il gesto non è passato inosservato e sui social si è gridato al sessismo. A nulla è valso sottolineare l’amicizia che intercorre tra i due, tanto che il designatore arbitrale Rocchi ha deciso di sospendere Sacchi, che da allora non ha più arbitrato in serie A. Troppo ligio al regolamento? No, semplicemente segue le linee etiche dettate dall’Unione Europea per contrastare le discriminazioni nello sport.

Il Parlamento Europeo, in una risoluzione adottata nel marzo 2022, ha riconosciuto la centralità del ruolo dello sport nella promozione dei processi di inclusione sociale, dei principi di eguaglianza e di non discriminazione. Per farlo, lo sport promuove valori come il fair play, il rispetto reciproco e la tolleranza, contribuendo così a una convivenza armoniosa nella diversità.

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